Co-progettare
Il compito del prendersi cura per educare, curare, assistere, prevenire non può prescindere dall’
Il progetto personalizzato non era possibile dentro a istituzioni in cui si lavorava con una programmazione e pianificazione ripetitiva e inerziale. Il progetto di vita cessava, divorato dalla malattia, che poteva essere cura- ta solo nell’isolamento pianifica
Questa è la ragione per cui lo chiamammo progetto, perché il progetto evoca valori, scelte, desideri, perché sipro- getta ciò che si desidera insieme. Il nostro compito era garantire una vita dignitosa. Dentro alla parola pro- getto c’è la libertà, la soste
I valori opposti al progetto sono quelli che riguar- dano la pianificazione, che è un’attività di potere pre- ordinato. Tipico sistema di gestione delle istituzioni totali (reclusive e separative ieri e divenute diffuse e monovaloriali attraverso la dittatura del denaro nella modernità), è oggi utilizzato in modo esteso, ad esem- pio, nella coazione assistenziale dei minori di famiglie povere, a bassa contrattualità sociale e giudicate prive di capacità genitoriale, i cui figli possono essere seque- strati, messi in produzione dentro le strutture protette a gestione privata/speculativa/sociale e le loro famiglie azzerate per indegnità manifesta. Altrettanto dicasi per le persone anziane, sole e povere e per i giovani con disabilità sociale. Questo esercito di scarti umani è già visibile nella scuola superiore, tra i ragazzi che abban- donano gli studi e il lavoro e alcuni che si chiudono e si isolano nel mondo virtuale. Il contrasto alla povertà educativa re-include questi ragazzi nei progetti collet- tivi. Ci si prende cura del destino degli anziani soli, dei ragazzi scomparsi e di quelli con disabilità sociale candidati alla carriera istituzionale. Si affrontano la vio- lenza di genere, la dipendenza patologica e i temi am- bientali con iniziative specifiche in tutte le classi coin- volgibili e sviluppando una rete di aiuto/intervento e counseling orientato per tutta la comunità locale. La cura, come l’educazione (dimensioni indistinguibili nel- la presa in carico educativa o/e sanitaria), non possono diventare un obbligo alla virtù. La virtù è una scelta, una fatica; la virtù è il coraggio e la forza di scegliersi.
Co-gestire
Questo progetto ha un’impostazione sperimental
È dal contrasto competente e innovativo alla po- vertà educativa e alla disuguaglianza che dipende il nostro stesso futuro. La co-progettazione, co-gestione e co-produzione tra sistema pubblico di welfare, terzo settore e sistema privato competitivo del secondo set- tore è oggi l’occasione più grande per ricostruire l’in– frastruttura sociale necessaria alla produzione di una ricchezza redistributiva, rispettosa dell’ambiente, del lavoro dignitoso e della competizione innovativa su un mercato ridivenuto strumento e non finalità unica. Le forme organizzate di welfare famigliare, comunita- rio e aziendale sono essenziali per la produzione di ricchezza redistributiva, in grado di contrastare la po- vertà educativa in modo strutturale, culturale e conti– nuativo. Molto c’è da riorientare nel bagaglio educati- vo e negli altri settori del welfare.
L’invasività del mercato e la sua vocazione alla neu- tralità interessata tendono a modificare la relazione educativa in prestazioni prezzate, da vendere e com- prare, in un’infinita offerta consumistica, che produce egoismo alienante e deresponsabilizzazione, ma anche conoscenza e connessioni estese che rimodellano la soggettività e il potere dei giovani. I ragazzi fragili sono catturati, soprattutto se poveri, dalle organizza- zioni private convenzionate, immessi nei centri riabi- litativi a ciclo diurno con prestazioni tariffate per l’in– trattenimento e cronicizzati dalla ripetitività inerziale delle tecniche e dalla progressiva involuzione istitu- zionale delle organizzazioni che accompagna i giovani nelle strutture protette. I ragazzi fragili già a sei anni, se poveri e con disabilità pronunciata, iniziano la car- riera di fattori produttivi per altri: nei centri riabilita- tivi, nelle strutture protette, negli istituti. La loro car- riera scolastica si interrompe all’obbligo; poi sono immessi nelle istituzioni pubbliche/private; scompa- iono nei centri riabilitativi convenzionati, che consu- mano l’80% delle risorse dedicate ai minori/giovani con disabilità e descolarizzati. La percentuale delle persone con disabilità sociale che accede alle scuole superiori è molto bassa, quasi nullo è l’accesso all’uni– versità o al lavoro. Tra Nord e Sud, le percentuali dei giovani con disabilità scolarizzati e/o avviati al lavoro sono molto diverse: basse al Sud, più alte al Nord e concentrate nelle città. Al contrario, il numero delle persone in strutture protette è basso al Sud e alto al Nord. Le organizzazioni del terzo settore presenti in tutta Italia e in tutti i comuni si avviano a divenire protagoniste del sistema di welfare inclusivo, ma de- vono superare gli ostacoli posti dalle potenti organiz- zazioni del mercato finanziario, che aggredisce il siste- ma di welfare stesso, utilizzando modelli istituzionali superati, concentrazionali ed espropriativi delle risor- se umane ed economiche della comunità. Gli appalti e il sistema di accreditamento strutturale sono il me- todo con cui i gruppi finanziari costringono il sistema pubblico a delegare il proprio compito al mercato. La co-progettazione, co-gestione, co-produzione pubbli- co-terzo settore è resa difficile dal mercato, che stabi- lisce prima il confine competitivo.
I tentativi reiterati di stabilire norme favorevoli all’inserimento lav
mente orientato al bene comune (percorsi educativi personalizzanti, di cura e assistenza, previdenza e for- mazione-lavoro). I processi inclusivi, di contrasto alle disuguaglianze nell’
s.
Tratto da: Ricucire le campanelle – Angelo Righetti Dai Budget di salute ai Budget Educativi